Barbara Alberti (g. 1943 m.) – italų rašytoja, dramaturgė, scenaristė, žurnalistė, radijo laidų vedėja.

Knygoje „Non mi vendere, mamma!“ rašytoja Barbara Alberti ironiškai ir poetiškai gvildena surogatinės motinystės temą. „Non mi vendere, mamma!“ – dialogas tarp besilaukiančios jaunos moters ir jos įsčiose užsimezgusios gyvybės.

Azija auga vaikų namuose. Čia ji sutinka Lilą, jį įsimyli. Kai jie sulaukia pilnametystės ir palieka vaikų namus, Lilas ją parduoda dviem turtingiems amerikiečiams, ji turi tapti surogatine šių amerikiečių palikuonio motina. Vieną naktį privačioje klinikoje, kurioje buvo apvaisinta, ji išgirsta balsą: „Gal tu tikrai kvaila? Gal tu iš tiesų nori mane atiduoti tiems dviem?“ Tai įsčiose užsimęzgęs vaisius kreipiasi į Aziją, jis save vadina Kiku. Kikas nori užkariauti mamą, kurios įsčiose auga… Nenori, kad jį parduotų…

 

Barbara Alberti, Non mi vendere, mamma!, Roma: Nottetempo, 2016, 124 p.

Ištrauka iš romano (I skyrius)

Il Pio Istituto

C’era una volta una bambina di nome Asia. Appena nata, qualcuno la mise dentro uno scatolone e la abbandonò davanti al Pio Istituto delle suore Ignorantine del Bambin Gesù. Crebbe all’orfanatrofio come in un romanzo dell’Ottocento – corridoi neri, suore cattive, turpi minestroni, bimbi tristi. Aveva tutte le disgrazie dei poveri, compreso quel nome da diva su un corpicino di ragnetto con una zazzera esagerata, alla Mowgli. Sul petto, una voglia sottile a forma di punto interrogativo sottolineava l’incertezza della sua sorte.

A cinque anni una coppia di sposi silenziosi la chiese in affido. Ma la riportarono subito, era troppo selvatica. Mordeva invece di parlare.

A nove cercò di scappare. Fu ripresa. La superiora, suor Beata Angelica della Misericordia detta suor Violenta, la rinchiuse nello stanzino dei topi. Ne arrivò uno, grosso come… grosso come… grosso così. Lo guardò avvicinarsi, atterrita. Aveva sentito dire che se un topo ti morde muori. E d’un tratto, invece di scacciarlo gli offrí la mano, sperando di farla finita. Ma il topo la annusò cortesemente, e tornò nel suo buco.

Dopo quella volta rinunciò alla fuga. Ma non per paura del castigo. Intanto al Pio Istituto era arrivato un altro bambino: Lillo, detto er Penombra. Lo vide entrare a testa china fra due assistenti sociali, come Pinocchio fra i gendarmi. Lui alzò gli occhi azzurri su di lei, e quel posto diventò la sua casa.

Lo guardava al di là della rete che divideva gli orfani dalle orfane. Era più spaurito di lei, più ragnetto di lei, si atteggiava a bullo ma le prendeva sempre. Asia lo difendeva, faceva a botte per lui, per lui subiva le punizioni medievali delle suore. Lillo diventò la sua famiglia e lei la sua mamma, e il suo capro espiatorio. Fra loro parlavano una lingua inventata, potevano scambiarsi messaggi sediziosi facendola in barba alle suore.

Abbracciandolo attraverso la rete, lei gli promise che non lo avrebbe lasciato più. E purtroppo mantenne la promessa. Lui era un furbetto senza onore che la trattava bene o male a capriccio, dosando il suo potere. Era troppo stupido per volere bene, ma geloso. Quell’orfana era sua, e guai a derubarlo.

Asia lo aveva messo al di sopra di tutto. Senza sapere niente dei trovatori, lo trattava come i cantori provenzali trattavano la Dama: lei era la padrona, lei era l’amore. Così Lillo. Giostrava per lui, compiva prodigi di valore per deporli ai suoi piedi. Fra le sue gesta, preclara fu quella di stornare la Crostata Beata destinata a suor Violenta per consegnarla a lui tutta intera senza nemmeno una leccata. Nello stanzino delle punizioni diventò di casa. Ormai il topo si faceva grattare dietro le orecchie. Fu il suo animale domestico, cui dare le carezze che avrebbe voluto lei. Lo chiamava Benny, fingeva fosse il suo cane. Un giorno sarebbe uscita, e ne avrebbe preso uno vero.

Conoscerla allora – doveva essere fra il Monello di Charlot e Louise Brooks bambina. La chioma alla Mowgli era diventata un caschetto liscio da gatto nero, che le stava bene. A me sarebbe piaciuto. Poi si trasformò del tutto. Prese lo slancio, diventò bella come un girasole. Fioccarono le richieste di adozione ma Asia le rifiutava tutte, per restare con Lillo. Quel piccolo antipatico non lo voleva nessuno. Solo lei, e di più per questo.

Un giorno suor Semplicina, che le voleva un po’ di più bene, invece di santini le mostrò l’immagine di un liocorno. Asia fu presa da incanto per quella creatura di pura seta, con un’antenna sulla fronte che la metteva in un altro mondo, e anch’essa ci si trovò, nella dolcezza e nel mistero – oltrepassando l’Istituto oltrepassando Lillo, intravide per un istante la bellezza. Questo la separò da lui, ma non se ne accorse. Finché non arrivò Chico, e le si rovesciò il mondo.